Cannabis: Una Questione di Diritti
06.08.2015 19:09
La parola che più si avvicina a definire la nostra società attuale è “Schuld”, parola tedesca che significa allo stesso tempo sia debito sia colpa; e proprio “colpa” è l’accezione con la quale viene maggiormente usata e sentita a livello internazionale.
Siamo colpevoli, e come tutti i colpevoli perdiamo diritti.
I Diritti sono infatti spariti dal nostro vivere quotidiano; ogni giorno un diritto ci viene negato e sembra quasi che i diritti siano solo una perdita di tempo ed un mito di quelli che non si pongono come elementi utili a questa società.
Per questa ragione quando si parla della cannabis e del disegno di legge attualmente in discussione al nostro parlamento, di tutto si parla tranne che della questione centrale: quella dei Diritti, appunto.
Sono certamente importanti le questioni che si relazionano alla salute, i possibili benefici fiscali e di aumento del PIL, i posti di lavoro diretti e dell’indotto, la regolamentazione del mercato e la lotta alla criminalità organizzata; ma ciascuna di queste cose, ed anche tutte loro insieme, non spostano di un millimetro la vera questione di diritti sociali e civici.
La cannabis, in sè, non produce danni sociali, ed il disegno di legge si premura, forse giustamente, con il divieto di fumare cannabis in pubblico, di evitare che persone che non desidereranno entrare in contatto con la cannabis, come è loro diritto, siano tutelati, così come è diritto di ciascuno di non essere coinvolti in incidenti provocati da stati di ebbrezza e di abuso; d’altra parte nessuno nel movimento anti proibizionista persegue questi obiettivi forse esagerati, parliamo sempre di una regolamentazione seria e di un consumo consapevole. Naturalmente per arrivare ad essere consumatori consapevoli è necessaria una cultura diffusa e oggettiva, si deve sgomberare il campo da ipotesi fantasiose e falsi miti, da pseudoscienze e da questioni (per così dire) morali, che nulla hanno a che fare con il punto focale della situazione.
I cittadini di questo paese sono organici ad un sistema di normative e leggi che regolamentano i loro diritti in ogni campo; a molti, purtroppo, sono negati diritti che ad altri sono riconosciuti. Quando questo accade le risposte dei politicanti sono sempre le stesse che ci sentiamo ripetere quando i nostri diritti di consumatori ed estimatori della cannabis vengono negati: “ Il paese ha bisogno di ben altro” , “ questa cosa è il male in sè” , “uno stato non può occuparsi delle degenerazioni di pochi quando siamo invasi dai clandestini” , “gli italiani rovistano nei cassonetti alla ricerca di avanzi di cibo” , “ E i marò?”
Questa filosofia del “ ben altro” è il nostro vero nemico, perché pone istanze corrette e fondamentali in secondo, se non in terzo piano, relegandole erroneamente al ruolo di “sfizi cretini di una minoranza chiassosa”.
Riappropriamoci quindi della nostra costituzione, della nostra legge, e dei nostri diritti, perché queste cose non sono “altro”: sono la Democrazia.
Ormai è tempo che si dica chiaro e tondo che, se TUTTI sono uguali di fronte alla legge, come al consumatore di merendine è riconosciuto il diritto di sapere che cosa è stato usato nel prodotto che lui mangia, come e dove è stato prodotto, da quale azienda, con che materie prime, quando e per quanto tempo il prodotto è conservabile in modo sicuro, lo stesso diritto deve essere riconosciuto a tutti, anche ai consumatori di cannabis.
Come al coltivatore domestico di ortaggi è riconosciuto il diritto a produrre per se e per la sua famiglia gli alimenti che il suo impegno e la sua competenza tecnica consentono, anche al consumatore di cannabis deve essere riconosciuto il diritto all’auto produzione e auto consumo, svincolato da logiche mercantili.
Come al consumatore in genere è riconosciuto il diritto a conoscere i potenziali rischi di un prodotto ed al mettere in atto azioni che riducano questi rischi, lo stesso diritto spetta anche al consumatore di cannabis.
Come ad ogni persona è riconosciuto il diritto di agevolarsi il sonno con la camomilla, o a stimolare l’attività con il ginseng o il caffè, ovvero ad alterare il proprio stato di coscienza al di fuori di un controllo medico, lo stesso diritto deve essere riconosciuto al consumatore di cannabis e nello stesso modo, come ciascuno può regolare la propria funzionalità intestinale, combattere la ritenzione idrica, aiutarsi a perdere o acquistare peso ed intervenire su una miriade di altre sintomatologie o disagi, senza doversi obbligatoriamente rivolgere ad un medico questo deve avvenire anche per il consumatore di cannabis, in quanto la cannabis non causa danni a terzi, non predispone al crimine, non causa problemi sanitari che abbiano ricadute economiche sul SSN (Servizio Sanitario Nazionale) e quando propriamente coltivata e lavorata è un prodotto sano, salutare e così versatile che ben si adatta a modalità di assunzione ed impieghi terapeutici che più svariati non si riuscirebbe nemmeno ad immaginare.
Per comprendere fino in fondo di cosa stiamo parlando, vale la pena ricordare per l’ennesima volta cosa sia la cannabis dal punto di vista della sua interazione con il nostro organismo e quali siano i suoi reali effetti e danni potenziali.
Parliamo di effetti reali e danni potenziali perché le dosi di assunzione sono state sperimentate per ottenere gli effetti, mentre i “danni”, qualora ci fossero, deriverebbero da un consumo scorretto ed al di fuori delle normali modalità d’assunzione: teniamo ben presente che persino l’acqua, che pur è necessaria alla vita, può causare la morte se assunta in dosi errate o anche soltanto ad una temperatura sbagliata; anche essere informati di queste cose è un diritto del consumatore di cannabis, e come tutti gli altri viene negato.
In natura, infatti, praticamente tutte le sostanze possono potenzialmente provocare un danno su un organismo vivente; quello che permette di identificare una sostanza come tossica è la dose a cui provoca effetti dannosi.
In pratica: « È la dose che fa il veleno » (Paracelso)
Alcune sostanze devono essere ingerite in quantità enormi per provocare un danno (ad esempio appunto l’acqua o il normale sale da cucina), altre a dosi piccolissime.
Dunque determiniamo la tossicità della cannabis in base alle formule fisiche:
È detta LD50 (Lethal Dose 50, dose letale 50) la dose in mg di una sostanza in grado di uccidere la metà di una popolazione campione (misurata in kg) di ratti adulti esposta ad essa.
In tutta la storia dell’umanità, non c’è mai stata una morte registrata da overdose di Cannabis. In realtà, la ricerca mostra che una persona di corporatura media avrebbe bisogno di fumare 24 kg di cannabis – tutti in una sola volta – al fine di AVVICINARSI ad una dose letale.
Come viene misurato dunque il rischio relativo delle diverse sostanze ricreative?
Un metodo è appunto quello di considerare il rapporto di dose efficace per dose letale.
Per esempio, una persona sana di 70 chilogrammi (154 libbre) adulta può raggiungere una affabilità rilassata con circa 33 grammi di alcol etilico. Questa dose efficace può essere equivalente a due birre (12 once), due bicchieri (5 once) di vino o due “shoot” da 1,5 once di vodka. La dose letale media per un tale adulto è di circa 330 grammi, la quantità contenuta in circa 20 colpi di vodka. Una persona che ne consuma più di tanto (supera di oltre 10 volte la dose media efficace), preso a pochi minuti e a stomaco vuoto, rischia una reazione letale; tante persone sono morte in questo modo. Il rapporto finale di rischio dell’Alcool è quindi di circa 1 su 10 (1/10).
Per la Cannabis la dose media efficace è di circa 0,5 grammi, la quantità contenuta in circa due “canne”.
La dose media letale è appunto circa 24.000 grammi (SEMPRE ASSUNTI IN UNA SOLA VOLTA – FUMANDOLA E’ IMPOSSIBILE) che ipoteticamente vanno a creare un rapporto di 1 su 48.000 (1/48.000), circa CINQUEMILA VOLTE MENO PERICOLOSA DELL’ALCOOL.
La cannabis, pur non avendo dunque una reale dose letale, attraverso le sinergie sviluppate dal complesso di sostanze che essa stessa produce e che la caratterizzano, ha diversi effetti sul nostro organismo: induce uno stato di rilassatezza, consente di comprendere punti di vista diversi dal nostro favorendo l’empatia e la socializzazione, aumenta la creatività, permette di scoprire significati nuovi o trascurati nelle parole, controlla molti dolori di tipo fisico, riduce il senso di nausea, aumenta l’appetito, abbassa la pressione endo-oculare e ne favorisce la vascolarizzazione capillare, aumenta la consapevolezza dei propri limiti; ed infatti dove la cannabis è già legale sono diminuiti gli incidenti stradali, gli omicidi ed i crimini violenti in genere ed inoltre è un potente bronco dilatatore, è anti convulsiva ed offrendo modi diversi di comprendere le cose insegna ad apprezzare l’arte, la musica, e persino gli altri, che essi siano persone, animali o in definitiva il mondo intero.
La cannabis va a nutrire il nostro sistema endocannabinoide, le cui deficienze sono causa di moltissime malattie; essa agisce quindi come un potente regolatore del nostro organismo, un indispensabile nutrimento, la carenza del quale causa malattie spesso anche mortali.
I potenziali danni della cannabis sono quelli di rendere evidenti i lati negativi della nostra personalità, o di portare alla luce disagi o patologie inespresse, cosa che rende possibile però intervenire sul problema. Per quanto riguarda l’aspetto strettamente fisico esistono danni derivati dal fumo, che dunque non sono “danni della cannabis” ma “danni del fumare”; come sempre ricordiamo che la cannabis può essere sì fumata, ma anche mangiata, vaporizzata, spremuta e bevuta.
Ricapitoliamo quindi adesso quali sono i diritti negati al consumatore di cannabis:
1) Diritto all’uguaglianza: dato che la cannabis non causa danni a terzi ne alla società, proibire il consumo, il possesso, la coltivazione e persino il commercio (legale) di cannabis è una chiara violazione dei diritti di uguaglianza ed entra in una sfera privatistica nella quale la legge non dovrebbe entrare se non per rendere possibile l’effettiva accessibilità a tale diritto.
2) Diritto alla tracciabilità, alla conformità del prodotto: il mercato illegale non consente al consumatore di verificare cosa si sta comperando, come è stato prodotto il bene acquisito, come è stato conservato, le procedure per prevenire l’inquinamento del prodotto da muffe o funghi o parassiti, l’eventuale uso di sostanze tossiche durante il processo produttivo, l’eventuale contaminazione del prodotto con altre sostanze non desiderate. Ciclicamente rileggiamo articoli sull’ “amnesia napoletana” un prodotto di questo tipo vìola i nostri diritti ed è una delle prime ragioni per cui la cannabis dovrebbe essere legale: se voglio comperare un prodotto naturale e pagarlo per tale ho diritto ad essere sicuro che tale sia.
3) Diritto all’autoproduzione: la cannabis è una pianta, un dono della natura. Da sempre è riconosciuto a ciascuno di poter autoprodurre i propri alimenti anche quando questi sono inebrianti, nel rispetto di normative disciplinari eventuali; reclamiamo questo diritto per i consumatori di cannabis.
4) Diritto ad un equa ripartizione fiscale: se lo Stato reclama il diritto a tassare le transazioni commerciali sulla cannabis, al consumatore deve essere riconosciuto il diritto ad una fiscalità ben spesa, ovvero, i soldi delle tasse sulla cannabis devono essere spesi in prevenzione sanitaria, istruzione per tutti, ricerca medica e botanica e infine aiuto e sostegno per coloro che, ritenendo di essere consumatori problematici, desiderino intraprendere un percorso di distacco dalla pianta e dai suoi prodotti.
5) Diritto alla non discriminazione in base ad un consumo: il consumo di cannabis non può essere una ragione perché qualcuno sia discriminato sul luogo di lavoro, perché venga limitata la sua libertà di movimento o gli vengano negati titoli di abilitazione peraltro conseguiti a seguito di pubblici esami.
6) Diritto all’autosussistenza: a ciascuno deve essere garantito di poter produrre per le proprie esigenze personali reali, senza che un terzo possa sindacare su queste e senza che si faccia riferimento ad un consumo medio auspicato.
7) Diritto alla libertà terapeutica: acclarata una patologia o determinato un disagio che possa essere contenuto o risolto tramite il consumo di cannabis, non può essere lo Stato o il SSN a decretare come, quando, e quanto il singolo debba e possa intervenire su se stesso.
8) Diritto alla ricerca: come per ogni altra produzione, l’ingegno umano continua a produrre miglioramenti, e a selezionare tipologie di prodotto adatti al territorio, alle migliori modalità di produzione e di lavorazione. Questa è la ricerca; non è accettabile che la legge intervenga per limitare questo diritto, lo stato può solo decidere di non finanziare con soldi pubblici una ricerca, ma l’impedirla con norme restrittive specifiche vìola il diritto alla ricerca, impedendo nei fatti la trasmissione del sapere ed anche il diritto alla libertà di insegnamento.
9) Diritto alla privacy: benché lo Stato abbia il diritto di monitorare le attività private allo scopo di accertare che esse siano portate avanti nel rispetto della legge, è necessario tutelare la privacy dei coltivatori e consumatori stabilendo modalità di controllo discrete, al fine di non toccare l’immagine di persone che agiscono all’interno della legge.
10) Diritto d’ opinione: l’idea che produrre, diffondere e commercializzare tecniche di produzione o lavorazione, sementi, fertilizzanti, prodotti per il consumo, prodotti per la coltivazione, sia un istigazione all’uso vìola il diritto alle opinioni personali e alla loro diffusione.
Articolo di Azzone Turabusi e Stefano Armanasco